lunedì 15 febbraio 2010

Lo storico Armando Mozer smonta l'ipotesi garibaldina per i cannoni di Capo Peloro


Il simbolo che appare su uno dei cannoni recuperati. (foto Giovanni Arigò)

I cannoni di Capo Peloro non sono di Garibaldi.
Ma adesso anche i sostenitori dell'eroe risorgimentale, iniziano timidamente ad ammetterlo.

a cura di Armando Donato Mozer, CSS Messina

Prima di entrare nel merito e parlare di Garibaldi, è bene che si sappia cosa esisteva in Sicilia oltre un secolo prima. Tale periodo per i soliti motivi ideologici è stato puntualmente oscurato e poco trattato, quando in modo particolare per la città di Messina ed il suo stretto fu un periodo attivissimo ed importantissimo, secondo soltanto alle vicende della resistenza Duosiciliana contro l’invasore piemontese conclusasi nel marzo del 1861, e quelli relativi al secondo conflitto mondiale.

Saranno anche evidenziati i reparti che presidiarono la zona di Capo Peloro e la relativa Torre del Faro, che è la stessa area del ritrovamento dei cannoni.
Il periodo piuttosto complesso si riferisce all’invasione Francese dell’Italia ( 1800-1815 ca) e la relativa discesa delle truppe verso il sud, allo scopo di raggiungere la Sicilia, nella quale si rifugiarono poi le truppe Borboniche affiancate da quelle Inglesi, che avevano lo scopo principale di difendere il Mediterraneo con l’isola di Malta dall’interesse napoleonico.
In questo periodo si inquadra la ovvia difesa dello stretto di Messina col suo porto, sempre al centro delle attenzioni degli invasori e per questo costantemente e potentemente sorvegliata.
Saranno elencate dunque tutta una serie notizie che produrranno ipotesi atte a dimostrare come i cannoni trovati a Capo Peloro, intanto per recente ammissione stessa dei garibaldini dopo le nostre chiare puntualizzazioni, non sono di Garibaldi, ne furono da lui utilizzati, come si vuol ancora far credere.

Noi che abbiamo trattato la questione cannoni dal 2008 ma denunciavamo dal 2002 nell'indifferenza totale di tutti, compresi coloro che solo oggi hanno fatto propria la notizia spacciandola per loro scoperta e minacciando di querela coloro che giustamente hanno sempre detto coi fatti, che i cannoni non fossero garibaldini.
Noi per le nostre ipotesi non usiamo inattendibili stampe e ridicoli disegnini o altro, che non dicono nulla, ma analisi dirette dei cannoni (così come è avvenuto per lo stemma e tanto altro che sarà descritto) e materiale cartaceo proveniente dall’ USSME – Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito.
Ciò per dimostrare che all’arrivo di Garibaldi nel 1860, la zona oltre un secolo era stata oggetto di interesse militare con fortificazioni ed installazioni varie ecc, e non che ""fosse tabula rasa" come i filogaribaldini vogliono far credere.

Come detto la città di Messina era in quel periodo potentemente difesa sia con mezzi e uomini a terra che navi Borboniche ed Inglesi, anche la zona di CAPO PELORO era un presidio fisso con le sue installazioni.

Messina nel 1765 aveva anche un ospedale del servizio sanitario militare che fungeva anche nel 1789 da centro sperimentale con orto botanico per il servizio della spezieria.
Nel 1798 LA TORRE DEL FARO DI CAPO PELORO era comandata da un tenente colonnello, "comandante di battaglione".
Nel 1799 la difesa costiera della Sicilia fu potenziata da 100 pezzi da 36 e 24 libbre, poste in 27 batterie. Costruiti edifici ed alloggi (ed un deposito di artiglieria) ed armate le fortezze (per Messina furono stanziati 36.000 ducati)
Nel 1801 la Milizia urbana schierava 3.796 fanti e 123 cavalli su 3 reggimenti, uno di città e due delle forie di tramontana e mezzogiorno.La postazione di TORRE DEL FARO DI C. PELORO schierava anche 18 artiglieri costieri (che armavano le batterie costiere o prestavano servizio su navi foranee), già a partire dallo stesso anno le truppe Inglesi si avvicendarono a Messina.Nel 1799 la Real Marina Borbonica aveva in Sicilia 86 navi.
Nel 1802 lo Stato Maggiore poneva un governatore politico e militare a Messina, la piazza era comandata da un brigadiere, il castello del Santissimo Salvatore e la TORRE DEL FARO CAPO PELORO da un colonnello.


Lo stemma della Real Marina borbonica, si veda la corona con i 4 buchi superiori e la croce che rappresenta la parte superiore dell'ancora, proprio come il simbolo saltato fuori sul cannone di Capo Peloro...

Nel 1803 la piazza della Real Marina di Messina era governata dal tenente generale Giovanni Danero, il dipartimento di Messina dal Brigadiere di Marina Gullichini,. Comadante del porto di Messina il Cap. di Vascello Ramon.
In città era anche presente il Reggimento di fanteria Abruzzi del Col. Mirabelli. ed il battaglione Apulia del Magg. Sandiel. Il sottodirettore di artiglierie Valdemone era il Ten. Col. Ayala, ispettore il Colonnello Damas. A
Messina vi era anche la XVI^ batteria del II battaglione del reggimento di artiglieria Regina.
Dal 1803 la piazza della marina di Messina poneva la sua difesa costiera su fortificazioni ancora oggi esistenti:

Real Cittadella - comandante - Tenente del Re Lettieri
Castello del SS Salvatore - Col. Rueda
Castello Gonzaga - Ten. Col. D'Estillir
Castellaccio - Magg. Oliveras
"Torre del Faro - Col. De Almagro "
Fortino della Grotta - Alf. La Scala

Diverse furono le azioni belliche nello stretto e nel tratto Capo Peloro-Cannitello-Scilla-Bagnara

-luglio 1806 una fregata da 32 pezzi, due corvette e sei navi siciliane ecc. attaccano Reggio allo scopo di coprire uno sbarco per permettere di far cadere i presidi di Reggio e Scilla.
Nel 1807 le unità navali di Messina controllavano lo stretto ed i presidi di Reggio e Scilla ( in mano borbonica), mentre uno sloop ( imbarcazione a vela con un solo albero) pattugliava lo stretto, 3 la costa tirrenica, uno quella ionica.
-il 27 gennaio 1808 un tentativo di sbarco inglese a Villa S.G. fallisce.
-il 30 gennaio 1808 4 cannoniere siciliane per la scorta convoglio, sono attaccate da terra ( Pentimele) con un cannone da campagna, le cannoniere causa maltempo non possono far fuoco, i francesi aggiungono altri pezzi facendo fuoco sui trasporti danneggiandoli e catturando all'abbordaggio le cannoniere, da Messina arrivano 3 sloop di rinforzo, ma uno dei 3 si arena per il libeccio ed è assaltato e coquistato dal nemico dopo due ore di combattimento, il nemico riesce a portare via dalla nave 16 pezzi da 24 libbre e 2 da 8.
Il 17 febbario lo sloop Elettra protegge le lance che imbarcano 3 compagnie inglesi di guarniugione al castello di Scilla, scese a mare sotto il fuoco nemico, una barca con 50 uomini è colpita ed affondata.
-Dopo la perdita dei presidi calabresi, lo stretto era controllato da un vascello da 74 pezzi e 4 sloop
-Nel 1809 la Real marina Borbonica cedette il controllo della piazza di Messina alla Royal Navy ( Cap di Freg.Robinson) ed anche l'arsenale di Messina.Nel fattempo ben 26 unità varie erano alla fonda in per di riparazioni e verifiche.
Nello stesso anno gli artiglieri litorali di Messina erano ben 536 ( 9^ Compagnia), presso la TORRE DEL FARO DI CAPO PELORO vi era un intero reggimento Inglese.

Erano altresì arrivati a Messina ben 8000 soldati Inglesi e lo Stretto era presidiato da varie navi contro gli attacchi francesi che nel 1810 aveva posizonato due Corpi, uno a Scilla, l'altro poco lontano, sul versante ionico.
Al Piale erano posizionati 2000 Napoletani, mentre le forze angloborboniche della flottiglia di Messina erano ben superiori, avendo pronte 45 navi cannoniere, 900 marinai e 150 cannonieri ecc.
-Nell'agosto 1810 a Messina furono decorati 3 comandanti di navi da guerra Borboniche per le attività di difesa dello stretto dagli attacchi francesi.
- 25 aprile 1810 bombardamento della marina inglese su Reggio.
- 7 agosto 1810 24 granatieri francesi fanno un ricognizione a sud di Messina
- 9 agosto 50 navi angloborboniche attaccano senza successo i mezzi da sbarco nemici nel porto di Punta Pezzo
-13 agosto i Napoletani attaccano Messina.
-Il 17 settembre viene pianificato lo sbarco notturno francese su Messina in modo da poterla aggirare dai lati. L'obiettivo del primo corpo di spedizione (com.te Partouneaux) è il "campo trincerato di CAPO PELORO" ed il relativo promontorio, in modo da far sbarcare i pezzi ed assediare Messina ed i suoi rifornienti. Il secondo Corpo (Lamarque) doveva invece sbarcare a Sant'Agata e marciare verso monte a Curcuraci, presso il quartiere Inglese dell'omonimo Campo ( oggi Campo Italia). La diivisione napoletana di Cavaignac doveva sbarcare a sud a 20 km da Messina tra Scaletta Zanclea e Santo Stefano Briga. I movimenti erano coordinati da razzi luminosi. Le truppe sbarcate non potevano tornare indietro per via della mancaza ( ovvia ) della copertura dei pezzi costieri (come detto precedentemente le artiglierie dell'epoca avevano gittate scarissime) sulla flotta navale difensiva. Gli sbarchi a nord non avvenero causa condizioni meteo sfavorevoli ( cosi si disse nei rapporti uffiiciali) quello a sud fu un fallimento poichè la forza di sbarco fu respinta sulle spiaggie o nelle vicinanze .

Nel 1810 Murat dichiara ben 50 combattimenti avvenuti nello stretto nei 4 mesi precedenti, specificando che si trattasse di azioni di difesa costiera e navale contro gli attacchi angloborbonici forti di 2 vascelli 4 fregate ed 80 scialuppe che agivano contro i rifornimenti navali francesi per la calabria.

Elenchiamo gli episodi più salienti
30 marzo 1810 bombardamento di 2 cannoniere e bombardiere angloborboniche contro Reggio.
7 giugno, Bagnara Calabra, scontro navale tra 5 cannoniere murattiane e 15 messinesi.
10 giugno, Palmi 7 navi di scorta francesi, si scontrano con 50 navi anglosicliane.
22 giugno Scilla, un convoglio francese di 200 vele è attaccato da 27 cannoniere, 8 scorridore e 12 barche con fucilieri, le navi messinesi si ritirano ma tornano coi rinfonrzi all'attacco, invano.
29 giugno, altro comnbattimento a Bagnara, 50 cannoniere ed altre navi attaccano due cannoniere murattiane poste a sbarramento sotto Scilla per proteggere un convoglio, il maltempo permette alle navi messinesei di passare ed attaccare il convoglio nemico, dopo 10 ore, 72 trasporti murattiani arrivano a Scilla, i messinesi perdono una cannoniera. Un altro attacco messinese a Bagnara fallisce.
A luglio un plotone di cannoniere è spedito per attaccare la Torre Cavallo ( sopra Villa SG) da cui i francesi sparano contro navi inglesi.

Ricordiamo che nella zona di Torre Faro - Capo Peloro, la quale come si è visto era considerata "un campo trincerato" quasi come una Piazza nella Piazza, a parte le installazioni militari quali le torri martello, la torre del faro, ed altre campali non più visibli, era presente anche un approdo Inglese allo sbocco del canale est che collega il lago grande di Ganzirri con lo Ionio, tale approdo era sorvegliato da un fortino ancora esistente sotto l'attuale piazzetta dell'angelo a Torre Faro. Esiteva anche un secondo probabile approdo sul versante tirrenico tra Torre Faro e Mortellie.

Chiarito ciò e considerando anche che i vascelli ( le navi più grosse dell'epoca) armavano ben 74 pezzi da 36 24 18 ecc libbre, le fregate 40 pezzi e cosi via, noi facciamo, come già affermato, alcune ipotesi sui cannoni ritrovati.

1) pezzi navali settecenteschi della Real Marina Borbonica armati su navi (visti anche i numeri impressi ) operanti nei primi dell'800 nello stretto, ma visti i frequenti disarmi delle navi da guerra, atterrati ed utilizzati per la difesa costiera e successivamente sabotati prima dell'arrivo di Garibaldi ( vedi palle di cannone conficcate a forza nelle volate)
2) pezzi borbonici di preda bellica francese o napoletana (su nave) riutillizzati come sopra.
Ma visto lo stemma sul più grosso cannone, propendiamo per la prima ipotesi attendendo la pulitura dei pezzi più piccoli, per verificare la presenza di altri particolari.

Attendiamo altresì di vedere i documenti del Genio di Roma che i pro-garibaldini sbandierano, e che dovrebbero dimostrare che proprio quei 3 pezzi e non altri, siano stati utilizzati da Garibaldi.Adesso, ridimensionando il tutto, se i pezzi fossero già presenti sul posto ma di preda bellica garibaldesca, esibendo una ridicola stampa Inglese esibita come prova documentale. Le stampe ( volendo ce ne sono anche altre) non sono fotografie, ma solo disegni fatti male a discrezione dell’autore che può inserire o togliere particolari vari e mettere didascalie a casaccio e senza alcuna competenza tecnica..
Se ad es. l’autore avesse aggiunto una torre, avrebbero detto che a Capo Peloro esisteva una seconda torre. Ma siccome la si pone come prova certa ed indiscutibile, la smontiamo subito:

Esponiamo i nostri dubbi alla luce delle inattendibili stampe.
1)intanto non si comprende dove sia la zona e se corrisponda con quella del ritrovamento
2)come si possa dimostrare con certezza che Garibaldi abbia riutilizzato proprio quei 3 pezzi e non altri.
3) più che una batteria sembra un luogo di ristoro con donne e bambini
4)si vede solo un pezzo, forse un secondo, ( e ce ne potrebbero essere ancora altri seppelliti in zona)
5)non sembra che l’unico cannone ben visibile sia in fase di riutilizzo, ma piuttosto abbandonato da tempo ed utilizzato come “sedile” e pulisci scarpe del Garibaldi, non pare infatti che quel pezzo fosse pronto per la messa in batteria

6)le dimensioni del cannone sono molto minori rispetto a quelli reali ( si dirà allora che essendo una stampa le dimensioni non sono perfette, bene allora la stampa stessa non ha valore)
7)Nel cannone ritratto nella stampa non si vede la palla che è invece
conficcata in tutti i tre cannoni recuperati, sabotaggio?? si dirà, ”le hanno messe dopo”; chi quando e per quale motivo?

8) come facevano i garibaldini a riutilizzare dei pezzi sabotati!!( non dimentichiamo che ci sono le palle conficcate a forza su tutti e tre i pezzi,e dentro i cannoni potrebbero trovarsi della terra o della polvere nera
utilizzata per otturare le canne).Noi lo ipotizziamo come chiaro segno di sabotaggio, tipicamente attuato da truppe in ritirata che abbandonano i pezzi obsoleti e non trasportabili magari in mare, rendendoli inservibili al nemico che sopraggiunge. In un cannone mancano altresì gli orecchioni, ovvero i perni circolari sporgenti dalla parte centrale del cannone, fondamentali per fissare il pezzo stesso sull'affusto e regolarne l'alzo.
9) Come i garibaldini potevano fabbricare gli affusti ed i cassoni, fondametali per l'uso dei pezzi, ritratti in quelel stampe senza questi importanti accessori.
10) Dove essi hanno preso il munzionamentro adeguato a quei calibri e le relative carche di lancio e polveri nere.
11) Contro chi dovevano sparare vista la situazione dello stretto nel luglio agosto 1860.
12) Quali sbarchi dovevano coprire e come, con dei pezzi che non raggiungevano i 1000 metri di gittata, una zona larga 3000.
Sarebbe bene che per onestà si dicesse che i cannoni sono borbonici, senza avere certezze sul loro riutilizzo da parte di Garibaldi, ma solo più serene
ipotesi.

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