martedì 6 aprile 2010

Dubitando ad veritatem pervenimus!


lo stemma di Ferdinando sul cannone da 36 libbre di Pace.
Identificati altri due cannoni borbonici spacciati per inglesi.

La difesa del territorio è sempre stata una primaria necessità comune a qualsiasi nazione. A ciò non venne meno il Regno delle Due Sicilie il quale, come del resto fece in seguito lo Stato unitario Italiano, fortificò e presidiò le coste, le piazze ed i punti sensibili. Infatti già un secolo prima dell’arrivo delle truppe piemontesi e garibaldine sull’isola, il regno aveva provveduto a fortificare il proprio territorio. Nella prima metà del 700 le coste erano carenti di difese e dunque preda di facili incursioni piratesche che infestando tutto il Mediterraneo, attaccavano i navigli commerciali e saccheggiavano paesi e villaggi. Nel 1799 la protezione costiera siciliana fu potenziata con 100 pezzi da 36 e 24 libbre posti in 27 batterie, mentre la Real Marina disponeva di 86 varie navi.


Il cannone da 36 libbre
In tale contesto anche la Piazza di Messina si adeguò fortificando, presidiando e pattugliando le proprie aree costiere, in modo particolare durante significativi ma poco trattati eventi bellici, vissuti dalla Messina borbonica quale assoluta protagonista; ovvero il periodo napoleonico 1800-1815, dei moti rivoluzionari 47-48 e della difesa contro le truppe piemontesi sino al marzo 1861. Nessuna meraviglia dunque nel riscontrare ancora oggi varie e palesi testimonianze militari ascrivibili al più che secolare periodo borbonico, spesso obliterate o vittime di errate e fuorvianti attribuzioni. A tal proposito è dunque necessario ripristinare la verità circa altri cannoni rinvenuti nel litorale di Pace - Contemplazione parecchi decenni addietro, restaurati ed esposti sul relativo lungomare. Infatti tali ben visibili artiglierie, da sempre attribuite alla marina inglese e come tali considerate da presunti esperti e studiosi locali, sono in realtà cannoni in ghisa ad avancarica da 36 libbre della Real Marina borbonica, fusi nel 1789 e 1791 ed armati esclusivamente nelle batterie inferiori dei vascelli. L’ evidente stemma posto innanzi al focone, composto da corona ed ancora sormontata dalle iniziali FR (Ferdinando Rex, cioè Ferdinando IV), non lascia alcun dubbio.


Il cannone più grosso tra i tre, di metà 700, rinvenuti a Capo Peloro, dotato di stemma spagnolo
Le diverse date di fabbricazione si rifanno al progetto (1780) di istituire una grande flotta di vascelli e le successive fusioni dei cannoni in base al varo delle navi. Il ritrovamento sulla spiaggia indica il frequente uso in difesa costiera di cannoni appartenenti a navi in disarmo, in questo caso forse sistemati in batteria a pelo d’acqua nei pressi di un fortilizio del XIV°sec. sede di un posto fisso borbonico, comandato dal 1803 al 1805 dall’ alfiere La Scala e rafforzato nel 1810 da una batteria e vari trinceramenti ad opera degli alleati inglesi. Nel 1806 a Messina fu inoltre decisa l’edificazione di un grande arsenale di artiglieria e nel 1808 oltre 500 artiglieri litorali insieme a truppe inglesi sorvegliavano i vari punti sensibili.


Stemma spagnolo cannoni di Capo Peloro

Tuttavia una delle ipotesi che giustificherebbe la presenza di tali grossi cannoni navali in loco è quella descritta in una lettera di M. C. Allegro nel giugno 1848, anno dei moti rivoluzionari contro le truppe regie, a Messina ritiratesi nella zona falcata dopo aver lasciato gli altri presidi. Essa racconta di due cannoni da 36 libbre sottratti dai rivoltosi all’arsenale borbonico durante una sortita notturna e posti nei pressi del luogo del ritrovamento. In base a tale ipotesi, col successivo fallimento dei moti, la riconquista borbonica della città e la fuga dei rivoltosi verso Palermo, i cannoni potrebbero essere stati abbandonati sul posto, rimessi in batteria dall’esercito borbonico e dunque lasciati prima dell’arrivo delle truppe garibaldine nel luglio 1860. Ipotesi a parte, il dato storico fondamentale ed incontrovertibile che emerge è quello relativo al fatto che i cannoni di Pace non sono inglesi ma borbonici. Considerata la rarità del modello e le buone condizioni nonostante l’ esposizione alle offese del tempo senza alcun intervento di manutenzione, sarebbe opportuna la collocazione in un apposito museo a tema, così come per i cannoni di C. Peloro e quelli meno conosciuti da 24 libbre attualmente visibili presso il castello del SS. Salvatore, già presidio duosiciliano.

Armando Donato
Responsabile CSS - Messina


si ringraziano Luigi Ombrato, Franz Riccobono, Salvatore Cavalli, Giovanni Arigò.

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